sabato 12 giugno 2010

Uno strano incontro

Con la schiena adagiata sul tronco della grande quercia, Lisa aprì il vecchio libro di favole che teneva sulle gambe e cominciò a sfogliarlo lentamente, soffermandosi a guardare le bellissime illustrazioni che fin da piccola l’avevano affascinata. Aveva sempre amato quel grande libro e per un attimo ricordò quando, non sapendo ancora leggere, fantasticava solo sulle immagini e poi ancora quando, con la massima concentrazione, leggeva lentamente con l’indice che scorreva sulle righe per non perdere il segno. Ora che erano passati diversi anni e non era più una bambina, non si stupì nel ritrovare le stesse sensazioni di allora, solo apparentemente dimenticate: i disegni avevano ancora lo stesso fascino e le fiabe erano ancora più belle di come le ricordava. Fu un piacere ritrovarle, come se fossero rimaste sempre lì ad attenderla pazientemente. Fu facile lasciarsi prendere dalla voglia di rileggerle, dimenticare il resto ed entrare in un mondo incantato.
L’usignolo... Il palazzo del principe-drago... I cigni selvatici... La bella addormentata nel bosco... Il principe Kamar e la principessa Budur... Il terribile guerriero... Biancaneve... Pollicina... Il dio del fiume... I musicanti di Brema... Hänsel e Gretel... Il gatto con gli stivali... Pelle d’asino... Le tre fate... L’acciarino magico... e poi
- E poi ci sono io.
Al suono di quella voce, Lisa sussultò dallo spavento e sollevò lo sguardo dal libro.
In piedi, a pochi passi da lei, si trovava una ragazza della sua età, dai lunghi capelli biondi e dai lineamenti del viso estremamente dolci. Aveva un’aria molto familiare, ma anche continuando a fissarla intensamente, Lisa non riusciva a ricordare dove l’avesse già incontrata.
- Davvero non mi riconosci? - l’apostrofò la nuova arrivata, con un sorriso simpatico dipinto sul viso.
Lisa aggrottò la fronte. - Ci conosciamo già?
- Certo - rispose l’altra con una risata cristallina. Poi sollevò un braccio e immediatamente un uccellino azzurro le si andò a posare delicatamente sulla mano.
Lisa non credette ai propri occhi e l’espressione sul suo viso fu talmente stupita da diventare perfino ridicola. Abbassò lo sguardo sul libro e voltò pagina. Guardò incredula la figura e poi riportò lo sguardo sulla ragazza.
- Ma sei... sei...
- Sì.
- Cenerentola?! - esclamò Lisa deglutendo a fatica.
- In persona.
- No, no... dai... ti stai prendendo gioco di me.
- Perché dovrei?
Lisa non rispose e chiuse gli occhi contando ad alta voce fino a tre. Quando li riaprì la ragazza era ancora lì e, facendo volare via l’uccellino, le sorrise ancora.
- Credevi che sparissi?
- Be’, avresti dovuto... ora riprovo...
- Fatica sprecata, mia cara - la fermò l’altra. - Se non credi che sia proprio io, voltati e ne avrai la conferma.
Lentamente Lisa girò il capo e per poco non cacciò un urlo dallo spavento. A farle capolino da dietro la quercia, c’era niente meno che... lui, il sogno di tutte le bambine.
- E tu sei...
Il principe sorrise e avanzò. - Lo so, non ho un nome e non sai quanto me ne rammarico.
- Io invece non l’ho mai sopportato! Cenerentola è l’unica che abbia un nome e non mi è mai sembrato giusto!
Lisa si voltò di scatto e strabuzzò gli occhi: accanto a Cenerentola ora c’era una signora vestita di scuro, con un’espressione sul viso per nulla incoraggiante.
- La matrigna?! - domandò un po’ incerta.
- Ecco, non vedi come devo sentirmi chiamare? - La donna scosse la testa indignata. - La matrigna!
- Almeno sei unica e quando si parla di te non c’è dubbio che sia proprio tu. Pensa cosa dobbiamo provare noi, che siamo in due!
Lisa voltò il capo e vide due ragazze. - Le sorellastre? - chiese con voce malferma.
- Passi pure per le sorellastre, ma la maggiore e la seconda mi sembra proprio riduttivo - disse una delle due, avvicinandosi di qualche passo.
- Se è per questo neanche io ho un nome.
A parlare era stato un uomo di mezza età, dall’aria vagamente malinconica. Lisa stava per dire qualcosa, ma la matrigna non glielo permise, dichiarando in tono sprezzante:
- Tu non conti, mio caro marito. In tutta la storia sei decisamente irrilevante e quindi mi pare giusto che non ti abbiano dato un nome.
- Non è colpa mia se faccio questa parte!
- Una partaccia, visto come ti sei comportato con Cenerentola - lo rimproverò il principe, serio.
- Non sono stato il solo - si difese l’uomo. - Mia moglie e le mie due figlie non hanno fatto certo una figura migliore.
- Padre, a quali figlie ti riferisci? - domandò Cenerentola.
- Ma a noi naturalmente! - rispose per lui una delle sorelle. - Non hai sentito che ha detto due? Se parlava di te avrebbe usato il tuo nome, visto che ne hai uno.
- E poi tu sei la santarella della combriccola, quindi non avrebbe mai potuto parlare così di te - affermò l’altra sorella, con ironia.
- La mia reputazione me la sono guadagnata e a caro prezzo.
- Proprio caro non direi - si intromise la matrigna. - Visto che alla fine sei stata tu a sposare il principe.
Lisa, sempre più pallida, non poteva fare altro che girare lo sguardo da un personaggio all’altro, con la gola troppo secca per poter intervenire.
- Se non ci fosse stata quella storia della scarpetta, l’avremmo spuntata noi - asserì una delle sorelle.
- Certo - rincarò la seconda. - Il tuo caro principe, pur avendo ballato con te per tre intere notti, se non fosse stata per la scarpetta, non ti avrebbe mai riconosciuta. Vedi quanto gli eri rimasta nel cuore!
- Tanto da cercarmi per tutto il regno - affermò Cenerentola. - Non è vero amore?
- Sì - annuì il principe andandole vicino e stringendola a sé. - Ti avrei cercata per mari e per monti.
- Se però una delle mie figlie avesse avuto i piedi un pochino più piccoli, avresti interrotto la ricerca senza pensarci due volte.
- Prima o poi mi sarei accorto che non era la mia Cenerentola.
- Ma sarebbe stato troppo tardi e zak! incastrato con una delle mie splendide figliole! Poi una volta entrata a corte, una sistemazione per l’altra l’avrei senz’altro trovata.
- Sei una calcolatrice senza scrupoli! - l’ammonì il marito.
- Ognuno si prende la parte che gli hanno affibbiato e per la mia, stanne certo, ci ho messo il massimo impegno, quindi non fare il moralista.
- Mamma ha ragione - disse la sorella maggiore. - Ma anche tu, papà, non sei stato da meno: compari e scompari con più abilità dell’uomo ombra.
- Non ne vado fiero, è vero, ed è per questo che ancora oggi continuo a sentirmi in colpa nei confronti di Cenerentola.
- Non devi, padre, non ti ho mai portato rancore.
- E ti pareva! - esclamò la seconda sorella. - Abbiamo di fronte la perfezione fatta persona.
- Cenerentola ha un cuore d’oro e voi dovreste prenderla a esempio - disse il principe, baciando la sua amata sulla fronte.
- Con un simile paragone è impossibile solo pensare di riuscire simpatici, quindi tanto vale fare i cattivi - dichiarò la matrigna.
- Però perché solo Cenerentola doveva essere buona - si lamentò una delle sorelle. - Avremmo potuto essere tutti simpatici... A me non piace proprio l’espressione sul viso dei bambini quando si parla di noi.
- E i commenti! Ci mancava pure che la Walt Disney ci facesse il film! - esclamò l’altra sorella. - Senza parlare poi di come mi hanno fatto brutta, quando nella favola originale mia sorella e io siamo “belle a vedersi”... è scritto nero su bianco, lo possiamo provare.
- E allora la fatina? - ribatté la matrigna. - Neanche esisteva e invece l’hanno inventata appositamente con il risultato di fare apparire me ancora più cattiva e maligna di quanto lo sia veramente.
- Va bene, hanno cambiato un po’ di cose per rendere la storia più bella - disse il principe.
- Sì, ma hanno solo guardato gli interessi tuoi e di Cenerentola. Addirittura a te hanno abbuonato le due notti di ballo precedenti a quella in cui lei ha perso la scarpetta, per non farti fare la figura dello svampito.
- Per non parlare del trucco della colla - rincarò la sorella più piccola. - Veramente un’idea degna di un genio quella di spargere di colla le scale del palazzo per rallentare la corsa di Cenerentola... infatti nel film l’hanno abolita.
- Però è servita allo scopo - si difese il principe. - Ho ottenuto la scarpetta che mi ha permesso di smascherarvi. Inoltre, se proprio vogliamo parlare di intelligenza, cosa dire della bella pensata di vostra madre di farvi tagliare il pezzo di piede di troppo, per farlo entrare nella scarpa? E voi che le avete dato anche retta!
- Era un’idea come un’altra - commentò la matrigna con superficialità. - E infatti tu, da bravo ingenuo che sei, c’eri cascato in pieno!
- Secondo me invece... - iniziò Lisa, ma quando tutti si voltarono verso di lei per sentire cosa avesse da dire, l’emozione le fece morire le parole in gola.
- Coraggio, puoi parlare - la rassicurò Cenerentola.
Lisa deglutì e poi con un lungo respiro, disse: - Secondo me non dovreste lamentarvi per come siete stati creati, oppure di quello che avete fatto, anche se può far sorridere. E’ solo grazie a questo che è stato possibile raggiungere lo scopo. Voi e le vostre decisioni siete stati solo i mezzi, capite? Insomma, voglio dire, dovreste essere contenti lo stesso.
- E quale sarebbe questo scopo? - domandò la matrigna guardinga. - Che l’amore trionfa su tutto?
- Non solo. Vedete, ognuno di voi ha avuto una parte importante, sia bella o brutta, sia che siate stati buoni o cattivi. Senza gli uni non avrebbero avuto motivo di esistere gli altri.
- Non ci hai ancora spiegato però qual è stato lo scopo - le rammentò la sorella maggiore. - Perché non ho sposato io il principe?!
- Perché non sarebbe stato giusto. - Lisa scosse il capo, non riusciva a trovare le parole adatte per farsi capire. Si morse il labbro e dopo qualche secondo sorrise. - E’ per questo che esistono le favole, perché riescono a far capire con la massima semplicità, ciò che nella vita è più difficile da afferrare.
- Nella vita reale ci sono persone come noi? - domandò la sorella minore.
- Altrochè! Con la differenza che voi sapete ciò che siete, mentre è più facile che le persone camuffino il loro essere e soprattutto che non lo ammettano.
- Vuoi dire che ci sono padri come me?
- E madri e sorelle e amici e amori come voi.
- Ci sono anche delle Cenerentole? - chiese il principe.
Lisa ci rifletté un su, poi scoppiando a ridere ammise: - Effettivamente sono rare, diciamo che è un miracolo incontrarne una!
- E tu a chi somigli di noi? - domandò dolcemente Cenerentola.
- Io? E’ difficile... ci devo pensare.
Lisa chiuse gli occhi e si concentrò cercando di capire in chi di loro si riconoscesse, anche solo in parte. Quando un minuto più tardi li riaprì, rimase un attimo interdetta, perché davanti a lei non c’era più nessuno. Si guardò intorno disorientata: ma dove erano andati a finire? Solo quando scorse sull’erba il libro scivolatole dalle mani e vide il sole scomparire lentamente all’orizzonte, si rese conto che mentre leggeva si era addormentata e che Cenerentola con la sua chiassosa compagnia, erano stati solo un sogno.
Alzandosi si stirò pigramente, con le ossa indolenzite per la scomoda posizione nella quale era stata per tutto quel tempo. Chinandosi raccolse il libro e stringendolo al petto si avviò lentamente verso casa, con la sensazione del sogno ancora incredibilmente viva dentro di sé. Era così reale, si disse, talmente reale che ricordo tutto chiaramente...
Fermandosi si voltò verso la quercia e anche se sapeva che era solo frutto della sua immaginazione, le sembrò di vedere i personaggi della fiaba allontanarsi nella direzione opposta.
- Ehi! - li chiamò a gran voce, ridendo. - Io sono svampita e ingenua e anche romantica come il principe… e mi capita di avere certe idee così sceme, da far apparire le sue geniali! Ecco chi sono.

5 commenti:

  1. cara stellaroby,complimenti per questa favola che riesce ad incantare i più piccoli con la sua fantasia,e a strappare un sorriso ai più gandi con la sua ironia.un'ammiratrice-betta-

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  2. Grazie!!! Questa favola è nata un po' da sola... mentre leggevo la vera favola e mi sono divertita un sacco a scriverla! :)

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  3. Le favole migliori si scrivono con divertimento!

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  4. E' vero!! In fondo, o chi meno in fondo, si è sempre un po' tanto bambini!!! :)

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