domenica 27 giugno 2010

La mia porta


Quando Simone, in questo grigio pomeriggio, me ne ha fatta un’altra delle sue e mi ha scaricato come un pacco al bordo della strada per correre da lei, il mio primo pensiero è volato a Francesca. Così, mentre serro i pugni e cerco di cacciare indietro le lacrime, mi incammino verso casa sua e già il mio cuore si alleggerisce. Francesca mi capirà, mi lascerà sfogare, mi consiglierà, consolerà, rassicurerà...
Ringrazio mentalmente quel giorno di circa dieci anni fa’, quando per caso ci siamo conosciute. Siamo andate subito d’accordo, abbiamo condiviso molte cose insieme, diverse esperienze che ci hanno fatto crescere e cambiare, per poi dirottarci su strade diverse. Ma comunque siamo sempre rimaste unite, anche quando gli intervalli fra i nostri incontri sono passati da quotidiani a settimanali e poi ancora più lunghi. Ma in fondo non importa il tempo passato insieme, conta sapere che l’altra c’è, che c’è un punto fermo nella propria vita. Francesca c’è sempre stata, soprattutto nei giorni difficili e cioè da quando la mia storia con Simone ha preso questa brutta piega per lei che è rientrata nella sua vita, o forse sono stata solo io ad aver creduto che ne fosse uscita. Francesca mi ha sentito cento volte lamentarmi, cento volte piangere, cento volte disperarmi e cento volte urlare dalla rabbia. In tutte le occasioni ha sempre avuto la parola giusta e quando le parole non sono state sufficienti o comunque non in grado di cambiare le cose, ha sempre avuto per me un gesto che mi ha dato la forza e quel pizzico di serenità che nella mia vita con Simone non c’è più... sicurezza. Sì, ecco cosa è Francesca, rappresenta la sicurezza, lei così tranquilla, così dolce e premurosa. Figurarsi che non l’ho mai sentita fare commenti fuori luogo nei confronti di Simone neanche quando se li sarebbe davvero meritati, neanche quando mi vedeva distruggermi per lui, mentre lui si dissolveva per lei. Una sola volta mi ha detto “Lori, lascia stare”.

martedì 15 giugno 2010

Il matrimonio

Questo non è un giorno come un altro. E’ uno di quelli che nel bene o nel male ricorderò per il resto della vita: è il giorno del mio matrimonio.
Oggi mi sposo e sono qui, in piedi davanti all’altare, vestito di tutto punto... per la verità mi sento un pinguino. Ma non importa, non è così che mi vedono gli invitati seduti tra i banchi di questa chiesa; non è così che mi vedono i miei genitori; non è così che mi vedrà Claudia. La domanda perciò è… “si è quello che si appare?”
Giro lo sguardo di qua e di là, vedo le facce di tutta questa gente e provo a immaginare quello che pensano. Non sembrano felici per me. I volti dei miei genitori sono tirati e nonostante mia madre provi a sorridermi, la discussione di ieri sera ha lasciato il segno. Per mio padre è diverso, con lui le discussioni ci sono sempre state, per lui quello di adesso è un altro colpo di testa di cui pagherò le conseguenze in futuro. Va bene, ma che ne sa lui in fondo? Che ne sa del motivo per cui lo faccio? Cioè, lo sa eccome, o forse crede di saperlo, così come i miei amici.
Sandro, Davide e Marco... ci sono anche loro. Ci conosciamo dalle elementari, stessa scuola privata e privilegiata, così come tutto in seguito, per noi, figli fortunati a cui non è mai mancato nulla, tranne una mamma sorridente all’uscita della scuola. Ma per il resto abbiamo sempre avuto tutto, il meglio, e il futuro assicurato. Sandro mi fa l’occhiolino, cerca di tirarmi su, forse mi crede al patibolo, con il sacerdote al posto del boia. In questi ultimi tempi, ossia da quando ho deciso di sposare Claudia, si sono coalizzati contro di me, per il mio bene. Hanno cercato in tutti i modi, come i miei genitori, a dissuadermi da sposarla. Anche per loro sto facendo un grande errore, sto per dare l’addio a quello che sarebbe potuta essere la mia vita. Ma che ne sanno loro?
Ricordo ancora le parole di Davide quando, quella sera a casa sua, ho annunciato che mi sarei sposato.

sabato 12 giugno 2010

Uno strano incontro

Con la schiena adagiata sul tronco della grande quercia, Lisa aprì il vecchio libro di favole che teneva sulle gambe e cominciò a sfogliarlo lentamente, soffermandosi a guardare le bellissime illustrazioni che fin da piccola l’avevano affascinata. Aveva sempre amato quel grande libro e per un attimo ricordò quando, non sapendo ancora leggere, fantasticava solo sulle immagini e poi ancora quando, con la massima concentrazione, leggeva lentamente con l’indice che scorreva sulle righe per non perdere il segno. Ora che erano passati diversi anni e non era più una bambina, non si stupì nel ritrovare le stesse sensazioni di allora, solo apparentemente dimenticate: i disegni avevano ancora lo stesso fascino e le fiabe erano ancora più belle di come le ricordava. Fu un piacere ritrovarle, come se fossero rimaste sempre lì ad attenderla pazientemente. Fu facile lasciarsi prendere dalla voglia di rileggerle, dimenticare il resto ed entrare in un mondo incantato.
L’usignolo... Il palazzo del principe-drago... I cigni selvatici... La bella addormentata nel bosco... Il principe Kamar e la principessa Budur... Il terribile guerriero... Biancaneve... Pollicina... Il dio del fiume... I musicanti di Brema... Hänsel e Gretel... Il gatto con gli stivali... Pelle d’asino... Le tre fate... L’acciarino magico... e poi
- E poi ci sono io.
Al suono di quella voce, Lisa sussultò dallo spavento e sollevò lo sguardo dal libro.